Molestie all’ospedale

Fonte foto: La Stampa

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“Spero che lei diventi una giornalista famosa, così potrò vantarmi di averla denudata”. Non sono parole pronunciate dal mio ragazzo né, tanto meno, da ipotetici amanti. E’ accaduto in un ospedale toscano. L’interlocutore in questione è un infermiere. Sulla cinquantina, più o meno, per niente attraente (secondo il mio modesto parere). Ancor meno attraente dopo le sue volgari ed indecenti affermazioni. Il mio sbaglio? Non aver avuto la prontezza, né la possibilità, di spogliarmi dalle vesti di paziente e calarmi in quelle di giornalista. Troppo rapidi si sono susseguiti gli eventi e avverse sono state le circostanze. Purtroppo, quindi, non ho la prova materiale di quello che sto per raccontarvi. Sta a voi scegliere se credere o non credere, se leggere o non leggere. Io, intanto, scrivo.

Per ragioni di riservatezza non sarà pubblicato né il nome dell’ospedale in questione, né il nome del reparto e neppure quello dell’infermiere. Quello che leggerete sarà semplicemente la conversazione avvenuta questa mattina tra me e il suddetto dipendente (che chiameremo, fantasiosamente, Aldo).

IN SALA D’ATTESA, ASPETTANDO DI ESSERE CHIAMATA PER LA VISITA, ENTRA ALDO:

A: “Buongiorno signorina, a quanto pare c’è soltanto lei in attesa?”

IO: “Eh sì!”

A: “Si accomodi. E’ la prima volta che fa quest esame?”

IO: “No, mi è già capitato pochi mesi fa”

A: “Quindi sa già come funziona?”

IO: “Sì, sì”

(Per chiarire un attimo la questione, vorrei precisare che l’esame di cui si sta parlando è un elettrocardiogramma)

A: Bene, allora si tolga la maglietta. … Ah anche il reggiseno va tolto. Mi dispiace per lei ma le devo vedere i seni.

(La volta precedente che ho effettuato lo stesso esame, peraltro in ambulanza, il reggiseno non mi è stato tolto in quanto è sufficiente posizionare i cerotti lateralmente alla circonferenza del seno e non SUL seno), ma andiamo avanti. Un po’ reticente mi spoglio. L’infermiere posiziona i vari cerotti, lasciando per ultimi proprio quelli al seno.

Mentre applica questi ultimi sfiora, volontariamente, le mammelle. Io, a questo punto, gli spingo la mano lontano dal mio corpo. E qui sembra finire la molestia.

A: “Sai, posso darti del ‘tu’, vero? Data la tua giovane età”

IO: “Sì sì”

A: “Nel reparto dove lavoravo prima stavo meglio. Ne ho viste di tutte le età, di tutti i colori”

IO: “Dove lavorava?”

A: “In ginecologia. Eh, ma lì sì che è uno spasso. E sai perché?”

IO: “No, perché?”

A: “Beh, quella è l’unica occasione in cui le donne fanno esattamente quello che gli dici. Le mie ex compagne, invece, non facevano mai quello che dicevo io”

IO: “Immagino”   (Avendo capito che tipo di persona fosse e, soprattutto, quali fossero le sue ‘grandi’ ambizioni)

A: “Bene tutto fatto. Tutto a posto, non hai niente di cui preoccuparti. Ora ti risistemo il reggiseno così sei più tranquilla”

IO: “Sì, infatti”

(Nel frattempo mi rivesto)

A: “Accomodati pure sulla sedia che ti spiego come fare per ritirare la risposta”

(Non c’è bisogno di far accomodare una persona per precisare quando sarà pronta la risposta, comunque, mi siedo)

A: “Allora puoi venire a ritirarla da domani in poi o se non puoi venire tu ma vuoi incaricare, per esempio, il tuo ragazzo, questa è la delega. A proposito, una bella ragazza come te avrà sicuramente un ragazzo, no?”

(Alla mia mancata risposta e al mio allontanamento da lui, capisce che mi sto veramente infastidendo e conclude la sua serie di viscide domande): “Ah, scusa, non è un fatto che dovrebbe interessarmi… Ma tu che lavoro fai?”

IO: “La giornalista. Sto aspettando di fare l’esame di stato per diventare professionista”

A: “Bello, allora spero che tu diventerai famosa. Almeno potrò avere il privilegio di dire a tutti: ‘Io quella l’ho denudata!'”

Me ne vado sbattendogli la porta in faccia.

Purtroppo questa è una breve vicenda, con un fine non proprio lieto, ma nemmeno drammatico. Oggi ve la racconto io, domani ve la racconterà qualcun’altra. E domani l’altro qualcun’altra ancora a cui, purtroppo, non è andata a buon fine come a me. Siamo donne, non siamo pezzi di carne. Abbiamo un cervello, che a volte che funziona molto meglio di quello di certi uomini, e abbiamo una dignità. Essere uomini non significa essere nati con un determinato organo genitale. Per quello si è, semplicemente, maschi.

2 pensieri su “Molestie all’ospedale

  1. Giusto per dire che ci sono alcuni uomini che al posto dell’amigdala hanno graminacee e parietaria appena colte. Altri, semplicemente il nulla.
    C’è poco da fare.
    Spesso, però, non è così. Ed uno non fa il tutto.
    Bell’articolo.
    scott diaz – Luv 4 You

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